Durata triennale, aumenti legati a un nuovo indice previsionale e incoraggiamento alle contrattazioni aziendali e territoriali. La Cgil non sigla il nuovo modello contrattuale firmato da Confindustria, Cisl, Uil e Ugl. E intanto 2,9 milioni di lavoratori sono ancora in attesa del rinnovo contrattuale
I contratti nazionali dureranno tre anni, gli aumenti verranno applicati utilizzando un nuovo indice previsionale dei prezzi al consumo e verranno promosse le contrattazioni aziendali e territoriali per gli incentivi alla produttività. Ecco le principali novità inserite nell’accordo siglato da Confindustria, Cisl, Uil e Ugl. Non ha invece firmato l’accordo la Cgil che lo ritiene “un errore” perché “riduce lo spazio della contrattazione, non la innova e non la amplia, e fa sì che il contratto nazionale non recuperi mai del tutto l’inflazione reale”. Il nuovo modello contrattuale avrà natura sperimentale e avrà una vigenza iniziale di quattro anni. In questo periodo un comitato formato dalle parti sociali avrà il compiti di valutare gli effetti delle novità nella contrattazione.
I nuovi contratti nazionali di categoria che verranno siglati avranno una durata triennale. Questo vale sia per la parte economica sia per la parte delle norme. Prima, ovvero secondo l’accordo in vigore dal 1993, ciascun contratto rimaneva in vigore per due anni per quanto riguarda la parte economica. Per quanto riguarda l’ambito normativo la durata era di quattro anni.
Gli incrementi delle retribuzioni saranno legati all’Ipca, ovvero l’indice dei prezzi al consumo armonizzato in ambito europeo per l’Italia. Fino al 15 aprile 2009 invece a condizionarli era il tasso di inflazione programmata. Nelle intenzioni c’è che gli eventuali scostamenti che verranno verificati tra l’Ipca (che rimane un indice revisionale) e l’inflazione reale dovranno essere recuperati entro la vigenza di ciascun contratto.
Nel nuovo quadro normativo si stabiliscono anche le tempistiche per le trattative dei rinnovi contrattuali. Sei mesi prima della scadenza, devono essere presentate le piattaforme e i datori di lavoro devono dare una risposta entro i successivi venti giorni. E’ stata introdotta una norma che stabilisce anche che nei sei mesi precedenti alla scadenza, e nel mese successivo, le parti sindacali non possono indire uno sciopero.
Quanto alla produttività, nel nuovo accordo si dice che è necessario “che vengano incrementate, rese strutturali, certe e facilmente accessibili, tutte le misure volte a incentivare in termini di riduzione di tasse e contributi, la contrattazione di secondo livello che collega incentivi economici al raggiungimento degli obiettivi di produttività”. Per quei lavoratori che non hanno il secondo livello retributivo, dovrebbe esserci una “clausola di garanzia” che dovrebbe assicurare, al termine del triennio di durata del contratto, una compensazione salariale.
Il nuovo modello contrattuale siglato è conseguente all’accordo quadro firmato alla fine di gennaio di questo anno e da cui era già rimasta fuori la Cgil. Accordo che poi era stato “bocciato” dal 96 per cento dei 3,6 milioni di lavoratori che avevano partecipato alla consultazione promossa dal sindacato guidato da Guglielmo Epifani.
Secondo gli ultimi dati resi noti dall’Istat il 7 aprile scorso, alla fine di febbraio erano ancora 21 gli accordi nazionali in attesa di rinnovo, ovvero 2,4 milioni di dipendenti che corrispondono a un quinto del monte retributivo totale.
(fonte Repubblica)