Preoccupazione, ma soprattutto tanta tristezza hanno destato in noi gli atti di vandalismo messi in atto nella notte tra il 24 ed il 25 aprile ai danni del Museo della Memoria costruito nell’ex Campo di Concentramento di Ferramonti di Tarsia. Piccoli danneggiamenti è vero – nell’impossibilità forse di riuscire ad entrare nella struttura – ma che testimoniano ancora una volta come sia dura a morire, ad oltre settant’anni dalla fine della seconda guerra mondiale, l’avversione verso i simboli di quella che è stata senz’altro la più grande tragedia del Novecento.
Ci chiediamo se coloro che hanno colpito nell’ombra siano essi stessi vittime dell’ignoranza e del pregiudizio, nel senso cioè che ignorano che Ferramonti è stato uno dei più grandi campi di internamento soprattutto per ebrei ma anche per apolidi, slavi, prigionieri politici che nel 1943, quando vennero liberati dagli inglesi, erano circa 2000.
Dopo la fine della guerra e per molti decenni quei luoghi vennero abbandonati e le strutture originali quasi completamente smantellate, ed è solo grazie all’opera meritoria della Fondazione Ferramonti di Tarsia, del Museo della Memoria e delle istituzioni locali – alle quali vanno ovviamente la nostra solidarietà ed il nostro sostegno – che dalla fine degli anni ’90 sono tornati ad essere oggetto della memoria collettiva, particolarmente in giornate come queste in cui si ricorda la liberazione del nostro Paese dal nazifascismo.
Non vorremmo, peraltro, che si sia trattato di un segnale, che sarebbe altrettanto inquietante, verso l’avvio dei lavori del “cimitero internazionale dei migranti” che ospiterà le vittime dei naufragi nel Mediterraneo, che non a caso sarà costruito in un luogo simbolo di razzismo e di odio per testimoniare invece la solidarietà dei calabresi, che furono capaci di grandi gesti di generosità e di accoglienza anche nei confronti degli internati di Ferramonti.
Gesti come quello avvenuto a Ferramonti ci sollecitano a non abbassare la guardia e guardando anche a quanto sta avvenendo in Europa, nel ricordo dell’insegnamento dei partigiani e dei padri costituenti, dobbiamo aver chiaro che la democrazia non è una conquista scontata e definitiva, ma è il frutto dell’impegno quotidiano che è quello che la CGIL ha sempre fatto e continuerà a fare.
27 aprile 2017
CGIL COSENZA
CGIL CALABRIA
CGIL POLLINO SIBARITIDE TIRRENO