Il paradosso della democrazia tra tutela del pluralismo e rischio di degenerazione – Prato e Verona emblemi della fragilità democratica

C’è un comune denominatore che unisce Prato a Verona.

A Prato lo scorso 23 marzo, previa autorizzazione del Comitato per l’Ordine e la Sicurezza pubblica, si è tenuto il presidio (in origine corteo) di Forza Nuova, la ben nota organizzazione politica di matrice spiccatamente e orgogliosamente neofascista e razzista.

A Verona dal 29 al 31 marzo si svolgerà il XIII Congresso Mondiale delle Famiglie a cui parteciperanno esponenti di spicco del Governo italiano (dal Vicepremier Salvini, ai Ministri Fontana e Bussetti, “all’arguto” On. Pillon), magistrati, medici, giornalisti, scrittori, esponenti dell’estrema destra europea ed internazionale, tutti a sostegno della c.d. famiglia naturale, concepita –  a loro dire –  quale “unica unità stabile e fondamentale della società”.

Apparentemente due iniziative disgiunte, ma nella sostanza espressioni diverse di una medesima matrice ideologica.

Il 23 marzo non è una data qualsiasi per il nostro paese; nel 1919 nascevano a Milano i fasci di combattimento che confluirono nel seguente PNF, il movimento politico di Benito Mussolini che segnò le vicende storiche del “ventennio”.

La coincidenza delle date non è mera casualità; sembra assai improbabile, infatti, che la manifestazione di un movimento politico di estrema destra, xenofoba e razzista, fosse  prevista  fatalmente il giorno del centenario della nascita dei fasci di combattimento. Del resto l’autorità preposta, non ha ravvisato “motivi per non concedere l’autorizzazione” .

Ebbene, ci chiediamo se la XII disposizione finale della Costituzione che al primo comma recita “E` vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista”, rappresenti un mera dichiarazione o contenga gli elementi necessari per produrre effetti giuridicamente rilevanti, anche derogatori.

Nel caso di specie, tale disposizione ha lasciato il passo ai diritti di libertà associativa, di organizzazione e manifestazione del pensiero contemplati dagli artt. 18,  49 e 21 della Costituzione.

Di qui il paradosso: i valori e le disposizioni contenute nella Carta – che ad ogni piè sospinto, tutti definiscono la Costituzione più bella del mondo –  rendono tollerabile ciò che è “intollerante” per definizione, vision e mission.

Non è solo tempo di un rinnovato dibattito dottrinale, è l’ora di predisporre strumenti concreti che impediscano la deformazione del pluralismo in chiave antidemocratica, xenofoba e razzista. Riteniamo che nei programmi, nelle azioni, nel linguaggio dei “nuovi avamposti di estrema destra”, possano rinvenirsi facilmente e fattivamente le caratteristiche di cui all’espressione sotto qualsiasi forma contenuta nella XII disposizione della Costituzione.

L’Organizzazione Internazionale per la Famiglia (IOF) fa il suo ingresso nel dibattito pubblico in un periodo storico in cui il consenso elettorale verso organizzazioni politiche nazionaliste e sovraniste riportano in auge concezioni della società e soprattutto del ruolo sociale delle donne che si pensava fossero definitivamente consegnate alla storia.

Alcune delle tematiche del congresso, rintracciabili sul sito web dedicato, forniscono motivi di riflessione e preoccupazione.

Tra queste basta citarne due: “La bellezza del matrimonio”, e “Crescita e crisi demografica”.

Non si tratta di un linguaggio volutamente retrò, ma di tematiche che esplicano l’ennesimo tentativo di porre in discussione conquiste di civiltà e diritti giuridicamente riconosciuti. E che dire della Marcia della Famiglia… quantomeno evocativa…

Mussolini accusava la cultura liberale di aver generato delle anomalie quali:  subordinazione del ruolo della famiglia, tolleranza dell’omosessualità, concessione alla donna di piccoli spazi di  autodeterminazione soprattutto in tema di procreazione ed attività extrafamiliari. Nel periodo fascista la famiglia aveva il precipuo compito di trasmettere i valori del regime e garantire la figura del pater familias. Nel celebre “Discorso dell’Ascensione” pronunciato dal Duce alla Camera dei Deputati nel maggio del 1927, fu lanciata la “frustata demografica”, un progetto finalizzato all’aumento esponenziale del peso demografico della nazione che si sviluppava su due piani ambivalenti, premiali e punitivi: da un lato la tassa sul celibato (disertori della paternità), il matrimonio intempestivo e infecondo, l’introduzione dei crimini di contraccezione ed aborto (c.d. crimini contro la stirpe); dall’altro le misure economiche di sostegno alle nascite e alle  famiglie numerose.

I promotori del congresso di Verona celebrano un’idea di famiglia monolitica ed eterosessuale, aborrono i diritti civili a fatica conquistati, caldeggiano pseudoterapie miracolose per curare l’omosessualità, promuovono un’idea oscurantista del matrimonio e del ruolo genitoriale, mortificano la maternità come scelta di libertà e consapevolezza, avvalorano il ruolo di subalternità della donna rispetto all’uomo.

Semplici analogie… o la più probabile “sintomatologia prodromica”

Dunque, cosa unisce Prato a Verona?

Un apprezzabile pericolo di oscurantismo e di rinnovato conservatorismo, la percezione della fragilità delle istituzioni democratiche, la consapevolezza che nell’ambito dei diritti NULLA È DATO UNA VOLTA E PER SEMPRE.

 

Carolina Luzzi, segretario CGIL Pollino Sibaritide Tirreno

Politiche di Genere e Pari Opportunità

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