15/04/2009 Consegnata oggi dal leader CGIL alla Presidente di Confindustria
In allegato “L’accordo interconfederale” e “Il regolamento per il funzionamento del Comitato paritetico”
Con la firma di stasera dell’intesa di attuazione dell’accordo quadro separato del 22 gennaio, per quanto ne sia un atto conseguente, si conferma la scelta di un modello di assetti contrattuali non condiviso dal sindacato più rappresentativo.
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La posizione della Cgil è stata portata alla discussione e valutazione in 59.337 assemblee di tutti i comparti. Dopo quattro settimane di assemblee si sono espresse col voto 3.643.836 persone e sottraendo al totale i pensionati, su 2.827.561, sono 2.665.205 (pari al 97%) i lavoratori e le lavoratrici che si sono dichiarati contrari all’accordo quadro separato.
Come si evince si tratta di una verifica democratica molto significativa, tanto più perché svolta senza la Cisl e la Uil che non hanno voluto aderire a nessuna verifica democratica. La nostra contrarietà all’intesa è già nota, e si basa, per la parte fondamentale, sulla convinzione che il modello definito separatamente riduce la qualità e l’estensione della contrattazione nazionale e di secondo livello. Il limite negativo di tale scelta è reso ancor più evidente dalla dimensione e vastità della crisi. Questa fase e i problemi che ne scaturiscono, a partire dalla occupazione e dalla sicurezza, richiederebbero una grande iniziativa contrattuale, ed una reale flessibilità settoriale anche in relazione alle diverse profondità e caratteristiche con cui la crisi attraversa i settori. Servirebbe una contrattazione correlata qualitativamente alla effettiva situazione dei comparti.
Viene invece introdotto un modello rigido, secondo uno schema per il contratto nazionale che sottrae spazi negoziali diretti alle categorie, confermato da una norma sul secondo livello che si limita a riconfermare la prassi in atto, come già previsto dal protocollo del 23 luglio 1993, modalità che non ha certamente favorito il dispiegarsi della contrattazione. Nello specifico sul contratto nazionale va sottolineato che, preso alla lettera, il meccanismo previsto non raggiunge mai neanche la copertura dei salari dalla inflazione reale; inoltre, date le caratteristiche di questa crisi, è possibile prevedere che se ne uscirà con una ripresa dell’inflazione. Tutto ciò è reso ancor più negativo dall’assenza di risposte alle rivendicazioni di una politica fiscale attenta al lavoro dipendente ed alle pensioni.
Nel modello, le deroghe sono funzionali ad un ulteriore irrigidimento dello schema, determinando per lavoratrici e lavoratori l’incertezza delle regole, delle norme e delle tutele contrattuali, ma anche espliciti rischi di competizione sleale tra le imprese, in particolare in alcuni comparti, con quegli effetti di dumping sociale che imputiamo, come limite, all’Europa per l’assenza di regole generali. La Cgil non ha mai fatto mancare la sua disponibilità e l’iniziativa contrattuale nei casi di crisi a salvaguardia dell’occupazione. In ragione e in coerenza di questa storia ci pare ulteriormente sbagliata una norma generale di indebolimento dei contratti nazionali. Per quanto riguarda la Cgil, lavoreremo con impegno per rinnovare i contratti nazionali di lavoro – oltreché per la contrattazione di secondo livello – elaborando e proponendo piattaforme che tengano conto di queste valutazioni che, vogliamo assicurarvi, sono stare ponderate con grande attenzione.
Infine confermiamo l’esigenza di un avviso comune che condividendo l’allungamento della durata della cassa integrazione ordinaria a 104 settimane, porti alla realizzazione dell’impegno a non ricorrere ai licenziamenti di lavoratori e lavoratrici. Tale soluzione è giudicata da tutti essenziale per il governo della crisi e pertanto vi chiediamo formalmente di assumere un orientamento in questa direzione.