Relazione congressuale di Angelo Sposato
Care Compagne, cari Compagni, gentili Ospiti,
svolgiamo questo sesto congresso della Camera del Lavoro territoriale Pollino Sibaritide Tirreno nell’ambito del diciasettesimo congresso nazionale della Cgil, nel pieno della crisi più dura degli ultimi 50 anni, nel momento più difficile per la vita economica e sociale del nostro Paese.
Il nostro congresso è stato preceduto da 211 assemblee congressuali di base delle federazioni di categoria e delle Camere del lavoro zonali che hanno visto la partecipazione di 17.311 lavoratori e pensionati che hanno discusso i due documenti congressuali “Il lavoro decide il futuro” presentato dalla Compagna Susanna Camusso che ha avuto il 99,92 % dei voti e “La Cgil è un’altra cosa” con lo 0,08 %. Nessuno degli emendamenti congressuali è stato accolto dalla maggioranza degli iscritti aventi diritto al voto.
Le assemblee congressuali hanno sostenuto con 8.396 voti il testo unico applicativo dell’accordo unitario sulla rappresentanza raggiunto con Confindustria il 10 gennaio u.s. Un risultato di grande importanza, ricercato per anni da tutto il movimento sindacale confederale che ridisegna il sistema democratico della rappresentanza delle lavoratrici e dei lavoratori.
La platea congressuale è composta da 140 delegati per come disposto dal deliberato del Comitato Direttivo territoriale del 18 dicembre 2013.
La straordinaria partecipazione alla fase congressuale di tante lavoratrici pensionati e di tanti giovani che hanno condiviso e sostenuto il documento presentato dalla Compagna Susanna Camusso in una fase così difficile del sistema della rappresentanza politica, ci fa credere che c’è ancora tanto bisogno di sindacato, c’è tanto bisogno di Cgil. Una Cgil che in questi anni di crisi ha tenuto uniti i lavoratori e le lavoratrici, i precari, i pensionati, che ha ricercato le ragioni dell’unità sindacale per difendere il lavoro dagli attacchi e dalle scelte politiche che i vari Governi delle destre hanno perpetrato contro i diritti e le tutele collettive ed individuali. Unità che si è ritrovata con l’accordo sulla rappresentanza che finalmente dovrebbe evitare nuove intese separate che negli anni hanno diviso i lavoratori nelle fabbriche e nei luoghi di lavoro. La storia ci ha sempre insegnato che quando il mondo del lavoro si divide a perdere è sempre la classe lavoratrice.
Per queste ragioni, la maggior parte dei lavoratori hanno accolto e votato a favore dell’accordo attuativo de 10 gennaio u.s. che in questi giorni è diventato per taluni uno strumento per tentare irresponsabilmente di dividere la Cgil e l’unità sindacale.
Le esortazioni di tanti lavoratori e cittadini che si sentono privati della rappresentanza politica e ci invitano quotidianamente all’unità, a non abbassare la guardia, ci consegnano un compito che abbiamo il dovere di esercitare, non in forma suppletiva o sussidiaria alla politica, ma esercitando pienamente la nostra funzione di rappresentanza sociale e di sindacato confederale generale di programma.
Nelle assemblee congressuali di base abbiamo avuto modo di entrare dentro la crisi, di discutere delle proposte della Cgil. Le assemblee hanno apprezzato e condiviso quasi all’unanimità il docu- mento “Il lavoro decide il futuro” presentato dalla Compagna Susanna Camusso. Un documento composto da undici azioni concrete che ci devono proiettare nei prossimi quattro anni ad agire per il lavoro, la sanità e tutela della salute, il welfare, le pensioni, la mobilità, la legalità e la sicurezza, la dignità, l’Europa, la contrattazione, la libertà delle donne contro ogni forma di violenza, per lo sviluppo del Paese.
Abbiamo affrontato il disagio che colpisce migliaia di lavoratori, di pensionati, le loro famiglie. Nelle assemblee congressuali è emersa la fotografia di un Paese sfiduciato, che non crede più in se stesso e nelle sue potenzialità. La classe politica ed il sistema dei partiti vengono sempre più percepiti come entità astratte ed autoreferenziali, chiuse in se stesse, non più in grado di rappresentare le istanze dei cittadini, lontana dalla vita reale del Paese. Un Parlamento che non riesce ad autoriformarsi, a tagliare i costi della politica, che tutela privilegi, familismi e rendite di posizione. Per l’ennesima volta, anche in tema di legge elettorale è dovuta intervenire la Consulta per riparare ai danni prodotti dal Parlamento con il porcellum, e ridare ai cittadini Italiani la possibilità di scegliersi la propria rappresentanza politica. Mai come in questi anni vi è stata una crisi Parlamentare così forte, con una parte della rappresentanza eticamente e moralmente incompatibile.
Il pericolo che abbiamo avvertito e che ci preoccupa maggiormente è il rischio della deriva populista che alcuni gruppi parlamentari stanno cavalcando per alimentare il disagio sociale ed il conflitto nel tentativo di usare la sfiducia nel sistema della rappresentanza politica e dei partiti per aumentare di qualche percentuale il consenso popolare. In questa fase straordinaria occorre un grande senso di responsabilità da parte di tutti per l’unità dei lavoratori e del sindacato confederale. Il momento ci ricorda la fase critica che visse il Paese nel 1944 quando si arrivò all’unità sindacale ed al patto di Roma. Per queste ragioni con condivido l’atteggiamento della FIOM che ha imboccato una strada pericolosa tesa ad alimentare uno scontro ed un conflitto interno alla confederazione che va respinto perché inutile e dannoso.
La politica deve ritrovare la sua strada ed il Parlamento deve tornare a rappresentare la parte migliore del Paese, deve legiferare e governare con leggi di interesse collettivo, del bene comune, superando la lunga stagione delle leggi ad personam. Deve tornare ad essere il luogo dove ognuno si sente rappresentato e garantito, dove prevale il senso forte dello Stato, dove a prevalere è il valore della costituzione e delle leggi. Ma fortunatamente c’è anche un’altra politica. Quella rappresentata dai Parlamentari che in questi mesi sono stati vicini a noi nelle diverse vertenze e che ringraziamo, quella rappresentata dagli amministratori locali, dai Sindaci, che stanno in prima linea con noi a misurarsi quotidianamente tra il disagio e la marginalità crescente, ma anche dai Consiglieri provin- ciali e regionali che in questi mesi ed in questi anni sono stati a fianco dei lavoratori e il sindacato per difendere le ragioni dei diritti, del lavoro, della legalità, dei bisognosi, degli ultimi. A questi guardiamo con interesse e fiducia.
Abbiamo intrecciato i bisogni di uomini e donne che non riescono ad immaginare un futuro per se ed i propri figli, preoccupati del domani. Chi oggi ha la fortuna di avere un lavoro si sente quasi un privilegiato e vive con l’ansia di perderlo. I giovani ed i meno giovani, i disoccupati, oramai sono rassegnati all’idea della precarietà ed in molti casi, gli unici ammortizzatori sociali, soprattutto nel sud, restano le pensioni ed il risparmio che devono sostenere le nuove famiglie allargate, con pa- dri, figli, nipoti e nonni. L’Italia è diventato il Paese delle disuguaglianze, la metà della ricchezza nazionale si concentra sul 10% delle famiglie, l’imposizione fiscale e le tasse stanno soffocando le Imprese ed il lavoro, diventando un ossessione per pensionati e lavoratori. Gli indicatori economici non danno alcun segnale di uscita dalla crisi e le politiche degli ultimi governi invece di difendere il lavoro e le famiglie si sono proiettate a difendere solo le banche ed il sistema finanziario.
Nel 2013 si sono persi 478.000 posti di lavoro, con la crisi si sono persi complessivamente quasi due milioni di posti di lavoro. Un bollettino di guerra. A dicembre 2013 gli occupati sono 22 milioni 270 mila, in diminuzione dello 0,1% rispetto al mese precedente (-25 mila) e dell’1,9% su base an- nua (-424 mila). Il tasso di occupazione, pari al 55,3%, diminuisce di 0,1 punti percentuali in termini congiunturali e di 1,0 punti rispetto a dodici mesi prima. Il numero di disoccupati, pari a 3 milioni 229 mila, diminuisce dell’1,0% rispetto al mese precedente (-32 mila) mentre aumenta del 10,0% su base annua (+293 mila). Il tasso di disoccupazione è salito al 12,9 %, in aumento di 1,2 punti nei dodici mesi. I disoccupati tra i 15-24enni sono 671 mila. L’incidenza dei disoccupati di 15-24 anni sulla popolazione in questa fascia di età è pari all’11,2%, in aumento di 0,1 punti percentuali rispetto al mese precedente e di 0,8 punti su base annua. Il tasso di disoccupazione dei 15-24enni, ovvero la quota dei disoccupati sul totale di quelli occupati o in cerca, è pari al 41,6%, in diminuzione di 0,1 punti percentuali rispetto al mese precedente ma in aumento di 4,2 punti nel confronto tendenziale. Il numero di individui inattivi tra i 15 e i 64 anni aumenta dello 0,4% rispetto al mese precedente (+51 mila) e dello 0,3% rispetto a dodici mesi prima (+46 mila). Il tasso di inattività si attesta al 36,5%, in aumento di 0,1 punti percentuali in termini congiunturali e di 0,2 punti su base annua.
Il sistema Paese si è fermato e con esso si è fermata la solidarietà, il Mezzogiorno è stato abbandonato al proprio destino ed è rimasto fuori dall’agenda politica nazionale dei diversi Governi che si sono succeduti, senza politiche di sostegno e di investimenti in grado di farlo risollevare ed agganciare al resto del Paese.
E noi tutti sappiamo che se non cresce il Mezzogiorno, non cresce il resto del Paese.
Il sistema del credito italiano, quello che fino a poco tempo fa ha gestito il risparmio dei cittadini, non ha sostenuto l’economia reale, la produzione, il lavoro, le aziende, le famiglie, anzi, sovente è diventato nemico di esse, facendo cadere nel baratro imprenditori e lavoratori. La disperazione crescente e l’allarme sociale sta portando quotidianamente più persone a gesti estremi. Il sistema degli ammortizzatori sociali del Paese va assolutamente riformato perché non è nelle condizioni di garantire le tutele sociali universali. Le diverse riforme fatte negli ultimi anni (da ultima la famigerata riforma Fornero) hanno ridimensionato il sistema delle tutele sociali e i diritti acquisiti, peggioran- do il sistema previdenziale e del welfare, facendo cadere nel baratro migliaia di persone che hanno perso la propria identità, la loro dignità ed il loro status sociale, perché ritenuti troppo giovani per andare in pensione e troppo in avanti con l’età per lavorare.
Nelle diverse assemblee che si sono svolte nel nostro territorio abbiamo fatto un viaggio dentro la crisi che si è acutizzata negli ultimi 4 anni, ma che viene da lontano, quando lo schema recessivo ha mandato in default l’intera economia globale, quando il mercato internazionale ha fatto esplodere la bolla finanziaria che ha colpito tutti i Paesi. Alcuni di questi hanno rischiato il fallimento come la vicina Grecia.
Ricordiamo come fossero ieri le immagini trasmesse dallaCNN della più grande banca degli Stati Uniti, la Lehman brothers appena fallita ed i dipendenti che uscivano dalle sedi con gli scatoloni in mano. Quello fu il simbolo di un’epoca che stava per chiudersi, il fallimento del sistema economico e finanziario globale, dei dollari che creavano dollari e alimentavano i titoli tossici. Un immagine che colpì a sorpresa anche la potente banca centrale americana, la Federal reserve e tutte le altre banche centrali mondiali. E’ stata una immagine emblematica che ha riportato il mondo alla grande crisi del 1929.
Anche in Europa, decisamente più debole degli Stati Uniti, la bolla finanziaria ha coinvolto tutti i Paesi dell’area comunitaria, ma le vie di uscita dalla crisi sono state differenti.
Gli Stati Uniti rilanciavano da subito con un piano di riforme coraggiose a partire dalla estensione universale del sistema sanitario pubblico e un piano di investimenti pubblici e privati , con misure di sostegno alla produzione, al settore dell’auto, all’economia, alle Imprese, con l’obiettivo di creare lavoro per far riprendere i consumi ed erodere gli effetti della crisi.
L’Europa, sotto l’egida della Banca Centrale europea e condizionata dall’azione autoritaria della Germania, imboccava una strada opposta, improvvida e recessiva, attuando politiche di austerità che hanno depresso l’economia, le aziende e la produzione, hanno aggravato il prodotto interno lordo dell’intera area Euro, i consumi, penalizzando i Paesi con il debito pubblico più alto come Grecia, Italia, Spagna che ancora oggi faticano a riprendersi e rivedere la luce del tunnel. Ma anche nella stessa Europa gli interventi anti crisi sono stati differenti.
Mentre la Germania ha difeso il lavoro, le proprie aziende e produzioni, imponendo agli altri Stati regole ferree sul patto di stabilità (che la stessa Germania aveva sforato negli anni precedenti) e determinando il fiscal compact, gli altri Paesi tra cui l’Italia, che con i Governi Berlusconi ha ceduto pezzi di sovranità, sono entrati in un vortice depressivo che ha decapitato l’economia e le Imprese, che ha fatto perdere milioni di posti di lavoro e che ha prodotto un enorme esercito di cassintegrati, mobilitati e disoccupati.
L’Italia si è ritrovata di colpo, tra gli Stati più deboli e sono emerse tutte le contraddizioni delle politiche degli ultimi vent’anni del Berlusconismo. Il debito pubblico più alto, la disoccupazione dila- gante, la ripresa delle migrazioni soprattutto giovanili, nessuna politica di coesione, un Mezzogiorno abbandonato a se stesso, nessuna riforma della politica e della burocrazia, nessuna vera revisione della spesa pubblica (spending review) nessuna riforma della governance degli enti pubblici. Il no- stro Paese è caduto in una deriva morale ed una corruzione senza precedenti, la criminalità organizzata è diventata padrona dell’economia e condiziona pesantemente le scelte della politica.
L’Italia del sogno e del disincanto berlusconiano cadeva tra scandali, inchieste giudiziarie, processi sotto i colpi inevitabili della crisi, dello spread, tra le risate di Francia e Germania al vertice Europeo di Parigi.
L’ inevitabile caduta che rischiava di portare il Paese fuori dell’ Eurozona ha portato poi al Governo Monti che è intervenuto con una timida revisione delle spesa, con riforme imposte dalla banca centrale europea che hanno tagliato il welfare e lo stato sociale, tagliato il sistema pensionistico e partorito una controriforma del mercato del lavoro.
Poi è arrivato , dopo le elezioni che non hanno determinato una maggioranza nei due rami del Parlamento, il governo a guida Enrico Letta che ha navigato in uno stagno. Nemmeno un anno di governo con pochi annunci ad effetto, nessun intervento sul lavoro, nessuna riforma, ma che ha trovato però il tempo di ricapitalizzare la Banca d’Italia. Nel 2013 abbiamo perso mezzo milione di posti di lavoro.
Infine quello attuale di Matteo Renzi che ha annunciato da subito interventi sulla legge elettorale e sul lavoro con la riduzione del cuneo fiscale e con il jobs act, un piano per il lavoro e la riforma degli ammortizzatori sociali, che verificheremo nel merito senza pregiudiziali ma con la premessa che il CCNL e l’art.18 sono per noi punti non negoziabili. Le scelte fatte dal nuovo Presidente del Consiglio dei Ministri con la nomina di alcuni Sottosegretari, lo dico non senza imbarazzo, mi hanno provocato un grande rammarico e un senso di vergogna. Non era quello che ci aspettavamo, non era questo che meritava la Calabria e getta un’ombra sulla credibilità del suo Governo.
Matteo Renzi che è anche il Segretario nazionale del partito Democratico, ha nominato Antonio Gentile a Sottosegretario ai trasporti. Alla luce delle vicende trasmesse anche dai media e che tutti conoscono consideriamo tale nomina inopportuna, che andava ponderata, un grave errore politico, uno schiaffo alla voglia di riscatto e di legalità dei tanti cittadini calabresi. Auspichiamo che si possa celermente correggere l’errore fatto con le dimissioni o la revoca della nomina.
Le politiche liberiste, di austerità e di rigore imposte dalla Germania e dalla Banca centrale Europea hanno fatto sì che l’Europa di oggi venga considerata una sorta di matrona senza anima e senza un cuore pulsante.
All’unione monetaria non è seguita l’Europa politica, dei cittadini. Le politiche di coesione, di solidarietà, di uguaglianza, non sono entrate nell’agenda comune di tutti gli Stati membri. Il nostro Paese è stato lasciato solo a gestire le politiche di accoglienza durante l’emergenza migranti.
Quando ci furono le tragedie umanitarie ed i morti nel mediterraneo abbiamo avvertito il fallimento del sogno dell’Europa dei Popoli, pur consapevoli che dall’Europa non vi è ritorno. Ecco perché dobbiamo chiedere più coraggio al Parlamento europeo e pretendere l’attuazione di politiche di coesione in grado di dare risposta al lavoro, alla disoccupazione dilagante all’interno dell’Euro- zona. Ecco perché auspichiamo che alle prossime elezioni europee che si terranno il prossimo mese di maggio possano prevalere le forze della tradizione del socialismo europeo e ridare all’Europa un’agenda sociale che guardi alle persone, ai cittadini, ai popoli, che metta fine alle politiche di austerità e che guardi al lavoro e non solo al sistema economico-finanziario ed alle banche.
In Europa occorrono interventi straordinari contro la povertà ed il sostegno al reddito, ecco perché è necessario incentivare maggiormente e ridefinire il FSE (fondo sociale europeo).
Per contrastare alcuni effetti della crisi e contro la povertà , con la piena consapevolezza che occorrono politiche di sviluppo per poter creare lavoro e difendere il welfare, occorrono altresì delle politiche di inclusione sociale specificate nell’azione 8 del documento “il lavoro decide il futuro” con misure di sostegno al reddito contro la povertà assoluta, tutelando con priorità l’area dell’infanzia e la non autosufficienza.
Tempo fa abbiamo avuto modo di affrontare a Bruxelles, ad una visita presso il sindacato europeo la necessità di una disciplina economica europea con regole uniformi per tutti gli stati membri sulle tutele sociali universali, sui salari, ma anche politiche comuni sul mercato del lavoro, a partire dal lavoro pubblico. E di recente emanazione una sentenza della Corte di giustizia europea che dichiara illegittima la legislazione italiana in materia di lavoro a tempo determinato nel pubblico impiego. Per queste ragioni è indispensabile in Italia un piano di stabilizzazione e tempo indeterminato del precariato nella pubblica amministrazione e dare certezza a tante lavoratrici e lavoratori che da anni vivono nel disagio. In Calabria casi emblematici sono i lavoratori Lsu Lpu, quelli della sanità e della scuola che attendono da anni il riconoscimento del proprio status e della propria dignità.
Il dibattito che la Cgil sta promuovendo all’interno del sindacato europeo ( Ces ) che ritroviamo nell’azione 1 del documento presentato da Susanna Camusso “Il lavoro decide il futuro”, è stato preceduto dalla presentazione del “Piano del Lavoro” presentato lo scorso anno e dal nuovo “Piano Marshall per l’Europa” presentato dai sindacati tedeschi e spagnoli.
L’obiettivo è quello di promuovere un nuovo piano straordinario europeo di investimenti per produrre sviluppo e nuovo lavoro. Per fare ciò va ripensata e rimodulata la spesa comunitaria, superan- do il patto di stabilità ed introducendo nuove idee su politiche industriali e infrastrutturali unitarie. E soprattutto, occorre, per le regioni più svantaggiate come il mezzogiorno e la Calabria, un supporto tecnico, una nuova agenzia autorevole per la programmazione e la spesa comunitaria.
Le regioni all’interno dell’ ex obiettivo 1 hanno avuto in questi anni enormi possibilità di spesa. Sia la programmazione di agenda 2000 che quella del por 2007-2013 sono state fallimentari e non hanno prodotto nulla se non truffe comunitarie, molte volte esercitate da cartelli criminali e dalla ndrangheta, desertificazione industriale e macerie sociali che hanno aumentato l’esercito dei disoc- cupati ed il ricorso alla mobilità in deroga soprattutto nel mezzogiorno del Paese.
L’Italia è il Paese che nell’aera Euro continua ad arrancare per via della scarsa stabilità istituzionale e del disorientamento della classe politica ad operare nell’interesse esclusivo dei cittadini. La crisi della politica, sempre più litigiosa e compulsiva che ha prodotto in tre anni 4 governi non riesce a trovare un orizzonte comune per uscire dall’emergenza. Si ha la sensazione plastica di essere tutti su una nave che sta per incagliarsi ed in cabina di comando si litiga su chi deve prendere in mano il timone anziché tirare il Paese fuori dalla secca.
Il nostro è diventato un Paese non più attrattivo. Anche nel settore del Turismo gli investitori internazionali si vedono sempre meno. Continua inesorabile il processo di delocalizzazione di aziende italiane e produzioni verso l’estero, nei paesi dell’Est, più competitivi in materia burocratica, fiscale, del mercato del lavoro. Interi settori ed Aziende dei diversi comparti hanno abbandonato il nostro Paese, persino il settore dell’auto con la Fiat dopo la recente fusione con Chrysler ha delocalizzato all’estero nell’incomprensibile silenzio del Governo Letta e di tutta la politica italiana che ha dato l’idea di un Paese indifeso, in svendita e senza una guida autorevole. Una politica litigiosa, in congresso permanente che pensa sempre alle prossime elezioni, primarie, amministrative, Regionali, Europee, invece di pensare a difendere il lavoro ed il tessuto produttivo.
In questi ultimi anni la forbice della povertà ha continuato ad allargarsi e la rassegnazione e la disperazione sta portando a gesti estremi tanti lavoratori, imprenditori e pensionati. La pressione fiscale a cui viene sottoposta la classe lavoratrice ed i pensionati non è più sostenibile e tollerabile, soprattutto se guardiamo i dati sull’evasione fiscale.
L’evasione fiscale costa all’Italia oltre 180 miliardi di euro all’anno. Una cifra che pone il nostro paese al primo posto in assoluto nella Ue con la maggiore percentuale di frodi fiscali rispetto al Pil. La distribuzione territoriale dei reati fiscali fa ritenere che l’economia meridionale riesce a soprav- vivere solo perché non paga le imposte.
Le stime fornite dalla Corte dei Conti attribuiscono alle regioni meridionali il primato dell’e- vasione. La stima nazionale è di 38 euro evasi ogni 100 euro di imposte pagate. In Calabria ogni 100 euro versati se ne evadono 52,70. Questo dato presuppone fenomeni di attività illecita come il riciclaggio del denaro sporco proveniente da attività criminali organizzate o da attività economiche apparentemente legali che riciclano il danaro sporco.
Dai dati Ocse emerge con preoccupazione la difficoltà che si ha nel portare il meridione d’Italia alla legalità fiscale , lì dove agisce la criminalità organizzata. Ci sono diverse correnti di pensiero di autorevoli economisti che sostengono che per il mezzogiorno andrebbero pensate aliquote fiscali compatibili con l’esistenza di un economia che possa non solo sopravvivere, ma anche svilupparsi senza assistenzialismo. Il tutto sappiamo che non è possibile a causa dell’impostazione fiscale europea. Però si potrebbero sperimentare a livello europeo degli accordi bilaterali per le zone a forte ritardo di sviluppo e svantaggiate per introdurre così come avvenuto in questi giorni per le Zone franche urbane (Rossano e Corigliano nel nostro territorio con bando aperto dal 7 febbraio 2014 al 28 aprile 2014) delle zone franche vaste e di ambito regionale che prevedono agevolazioni fiscali e previdenziali e non limitate alle sole aree di dimensione minima.
La Cgil nell’azione 2 del documento congressuale “Il lavoro decide il futuro” propone di avviare una vera lotta all’evasione fiscale partendo dalla tracciabilità dei redditi, dall’utilizzo della moneta elettronica per la trasparenza dei pagamenti e promuovendo a livello territoriale i patti locali an- ti-evasione. Propone altresì di introdurre una patrimoniale sulle grandi ricchezze che superano gli 800 mila euro così come avviene negli altri paesi europei, di adeguare la tassazione sulle rendite finanziare, riformare la normativa IRPEF partendo dall’immediato aumento delle detrazioni a carico di lavoratori e pensionati e ridurre il cuneo fiscale. Solo con l’introduzione di una patrimoniale secca si può dare impulso ad una economia recessiva, introducendo politiche di redistribuzione del reddito alle classi indigenti, ai lavoratori e pensionati, per alimentare i consumi e riprendere un ciclo virtuoso di crescita.
Ma occorre che il nuovo Governo dopo il fallimentare ventennio di governo a guida Berlusconi e i due governi Monti-Letta che hanno agito con sovranità limitata e con la trazione della Banca centra- le europea dia un impulso nuovo all’azione della politica. Occorre un piano di investimenti pubblici e privati in grado di produrre Lavoro.
La vera emergenza, che ha caratterizzato il nostro dibattito congressuale è stata quella del Lavoro. Non a caso e con lungimiranza, la Cgil con la conferenza di programma di Roma del 25 e 26 gennaio 2013 ha presentato nel pieno della crisi il “nuovo piano del lavoro”, dopo quello storico del 1950 presentato da Giuseppe Di Vittorio.
Ed ora come allora, il Paese era alle prese con una pesante condizione di depressione economica e recessiva. Un nuovo piano del lavoro per superare l’emergenza , creare lavoro e dare un futuro e sviluppo al Paese, duraturo e strutturale.
Un piano del lavoro con programmi di possibile realizzazione e con interventi immediatamente attivabili, che inglobi la questione più spinosa, quella del mezzogiorno e che preveda un piano di investimenti pubblici e privati sull’ambiente , per la bonifica, la difesa e messa in sicurezza del territorio, che punti sull’innovazione tecnologica, nell’ istruzione e nella ricerca, ma capace di rilanciare i poli di attrazione artistica, culturale ed archeologica per uno sviluppo del turismo. Occorre un nuovo progetto che possa rinnovare e riformare la pubblica amministrazione, tagliando le spese e gli enti inutili ed una riforma del welfare.
Occorre creare lavoro subito, per questo è urgente sbloccare tutti gli investimenti delle opere pubbliche ed aprire i cantieri delle rete infrastrutturali (Trasporti, edilizia, energia) e difendere e rilanciare i settori tradizionali ( industria, agricolture e terziario).
Un piano del Lavoro che possa ridare fiducia e speranza ad un Paese, ai giovani e meno giovani, soprattutto nel mezzogiorno, dove è ripresa una migrazione ed una fuga dalla propria terra che non si riscontrava dagli anni 60-70.
Questi interventi hanno necessità di essere accompagnati da un processo di riforme e da una stagione di forte ridimensionamento dei costi della politica nazionale e regionale, da una riforma della pubblica amministrazione che tagli il numero dei livelli istituzionali a partire dalle Province ed incentivi l’aggregazione dei livelli dei Comuni in termini di area vasta per una gestione dei servizi integrata e consortile, ma che possa riaprire la contrattazione e la definitiva contrattualizzazione del rapporto pubblico, ripristinare la contrattazione di secondo livello e riconsiderare il processo di esternalizzazione (come nel caso dei servizi della manutenzione e pulizia scolastica) in taluni settori, cercando di stabilizzare il lavoro precario. Un ruolo fondamentale per la crescita del Paese viene affidato all’istruzione, al ruolo della scuola pubblica, della università, alla ricerca.
I tagli alla scuola pubblica effettuati dai vari governi di centro-destra impongono una immediata riforma dell’istruzione che possa contrastare il fenomeno della dispersione scolastica. Gli ultimi dati ci dicono che è aumentata vertiginosamente la fascia di età che va dai 15 ai 24 anni di giovani che non vanno a scuola e non hanno un lavoro.
Per questo riteniamo che vada innalzato l’obbligo scolastico fino ai 18 anni e accompagnato il periodo di passaggio scuola-lavoro con interventi formativi e di orientamento al lavoro.
Care Compagne e Compagni,
abbiamo scelto per il nostro sesto congresso comprensoriale che celebriamo oggi e domani qui a Castrovillari di presentare “Un piano territoriale del Lavoro per lo sviluppo economico e sociale”.
Non è stato un caso. Lo abbiamo fatto con la consapevolezza che il futuro è nelle nostre mani ed una grande organizzazione sindacale come la Cgil, in quanto sindacato di programma, ha il dovere di proporre modelli di sviluppo per creare nuovo lavoro, per il benessere sociale ed economico del territorio.
Per queste ragioni dobbiamo avere la capacità, noi tutti insieme, come confederazione e federa- zioni di categoria territoriali, di declinare le peculiarità del piano del lavoro nazionale presentato alla conferenza di programma del 2013 con le 11 azioni alla base del lavoro previsto dal documento “Il lavoro decide il futuro” con un nostro progetto Regionale e Territoriale.
Un piano di azioni che devono avere l’ambizione di risollevare il territorio, quello del Pollino, della Sibaritide e Tirreno dall’emergenza , in un progetto armonico con il resto della Calabria, del mezzogiorno e del Paese. La scelta di aver voluto inserire l’Europa nel manifesto congressuale, un Europa che volutamente se vedete bene contiene per buon auspicio anche l’Ucraina che in questi giorni è sull’orlo della guerra ma che vuole firmare il contratto di associazione europea, è stata dettata dalla necessità che avvertiamo di vedere proiettata la nostra regione ed il nostro territorio in un contesto macro-economico nazionale e transazionale per uscire da un isolamento strutturale, ma anche culturale.
Ma per fare ciò, è necessaria proprio una inversione culturale, la stessa che in questi ultimi anni ha impresso la Cgil Calabrese che nel presentare il piano regionale per il lavoro ha cercato di aprire nuovi orizzonti a quella deve essere una nuova visione di Calabria all’interno del euro-mediterraneo, anche nelle politiche di coesione dell’area di libero scambio, promuovendo il partenariato con altre organizzazioni sindacali europee come Malta, Spagna, Germania, Albania.
Una Calabria che deve necessariamente provare a proporre un nuovo modello sociale per un piano di uscita strategica dalla Crisi guardando al lavoro e puntando sull’ambiente e sul territorio che va riconsiderato come vera e propria risorsa per lo sviluppo. La Calabria, per sua collocazione geografica è una cerniera naturale del corridoio euro-mediterraneo e può candidarsi per il suo si- stema di competitività territoriale ad essere PIATTAFORMA LOGISTICA INTERMODALE (mare- gomma – ferrovia) transazionale che guarda ai nuovi paesi aderenti all’unione europea attraver- so il corridoio meridiano, ma che guardi soprattutto ai paesi emergenti del medio-oriente e quelli afro-asiatici, alla Cina, percorrendo nuove rotte ed antiche vie di comunicazione come furono quelle dell’antico oriente mediterraneo e le vie della seta di Marco Polo.
Le politiche europeiste e dei vari governi nazionali che si sono succeduti in questi anni non hanno mai considerato di investire risorse per favorire questo processo e contrariamente hanno adottato una politica di tagli selvaggi al trasporto pubblico, con la soppressione di intere linee ferroviarie e isolando il sistema marittimo e portuale, che hanno relegato la nostra Regione e soprattutto il nostro territorio ad un irreversibile isolamento.
Per queste ragioni crediamo che il nuovo Governo, debba rivedere il piano nazionale dei trasporti che garantisca a tutti i cittadini il diritto alla mobilità delle persone e delle merci con investimenti pubblici e privati soprattutto nelle aree svantaggiate.
In Calabria, secondo i dati Svimez registriamo nel 2012 un Pil al -2,9 pari a 33.065,0 milioni di euro con un PIL pro capite di 16.460,3. Il tasso di attività al 2012 era pari al 51,00 ovvero la metà dei Calabresi , il tasso di disoccupazione ufficiale è del 19.30 per cento ma sappiamo che è molto superiore perché ai dati ufficiali corrispondono altrettanti dati che derivano da coloro che nemmeno si iscrivono ai centri per l’impiego, il tasso di disoccupazione maschile è del 18,1, quello femminile del 21,2 , i giovani entro i 24 anni che non lavorano sono il 53,5 per cento. Le famiglie Calabresi in povertà sono il 27,4 %. Sono numeri da bollettino di guerra.
Secondo lo SVIMEZ nel mezzogiorno “occorre rilanciare una visione strategica di medio-lungo periodo, su più assi, materiali ed immateriali come principali drivers dello sviluppo” ed alcuni di questi sono stati anticipati dalla Cgil nel piano del lavoro presentato nel gennaio 2013:
– riqualificazione urbana,
– energie rinnovabili,
– sviluppo delle aree interne,
– infrastrutture e logistica
Un Mezzogiorno a rischio desertificazione industriale, dove i consumi non crescono da cinque anni, si continua a emigrare per il Centro-Nord, il tasso di disoccupazione reale supera il 28%, crescono le tasse e si tagliano le spese, ma una famiglia su 7 guadagna meno di mille euro al mese, e in un caso su quattro il rischio povertà resta anche con due stipendi a casa.
La Calabria ed il nostro territorio hanno enormi lacune di carattere infrastrutturale. La difesa del territorio, la sua conservazione, sono condizioni necessarie per ogni opera di programmazione sia in campo urbanistico che in campo socio-economico.
Non sempre la classe dirigente riesce a tutelare le proprie risorse ambientali, culturali (il caso degli scavi di Sibari è quello più eclatante) il più delle volte fa il contrario, e la dimostrazione si evince dalla programmazione dei sistemi e progetti urbanistici territoriali che non sono per nulla adeguati e rispettosi delle risorse naturali ed ambientali per come invece è previsto dal trattato europeo che è stato recepito in Calabria dalla legge urbanistica regionale.
Le aree interne, la montagna e le zone collinari, in prevalenza allocate nelle aree del Parco del Pollino e del Parco della Sila sono assoggettate al rischio idrogeologico e sismico, ai movimenti franosi, tipici della natura e della morfologia del territorio, così come il resto del territorio calabrese.
Per queste ragioni e dopo il recente sisma nell’area del Pollino è necessario che l’autorità di bacino regionale che a suo tempo aveva predisposto un bando (por 2000-2007) per lo studio e la sperimentazione di tecniche per la mitigazione del rischio idrogeologico, intervenga con attività di monitoraggio e prevenzione anche per il rischio sismico. Lo scorso anno, quando ci fu la calamità naturale ed il sisma che ha colpito l’area del Pollino, abbiamo svolto una iniziativa a Mormanno a cui ha partecipato il Ministero dell’ambiente per chiedere lo stato di emergenza ad ottenere un tavolo nazionale presso il Ministero per discutere di rischio sismico ma anche di rilancio e sviluppo dell’intera area del Pollino.
In quel tavolo, tra le varie proposte abbiamo evidenziato la necessità di ripartire dall’accordo di programma quadro sottoscritto qualche anno prima. Nel grande imbarazzo di tutti ci siamo resi conto subito che non vi era una programmazione di base su come rendere esigibile quell’accordo, non vi era una copertura economica. Un accordo di programma che era una cornice vuota, priva di una progettualità esigibile ed esecutiva.
E’ stata una occasione perduta e la responsabilità non la si può attribuire solo al Parco nazionale del Pollino ma deve essere equamente divisa verso tutto il partenariato economico-sociale, sindacato compreso e tutte le amministrazioni locali che molte volte non riescono a guardare oltre la siepe, in termini di sistema territoriale, ma si accontentano della propria piazza e del proprio limite munici- pale. Da lì la percezione che agli accordi doveva seguire un metodo nuovo, più efficace. Non più la politica del Municipio ma dei Municipi, insieme, con un idea aggregativa, più vasta, cooperativa e consortile.
Ecco perché riteniamo vadano aperte delle vere e proprie vertenze sui contenuti, sui progetti così come poi avvenuto con il tavolo che abbiamo aperto successivamente per la centrale ad energia rinnovabile a biomassa del Mercure che ha introdotto un approccio concertativo diverso, più sui contenuti che sulla teoria.
Quell’accordo di compensazione ambientale che riteniamo storico, sottoscritto con una idea innovativa e coraggiosa dagli enti locali, dal sindacato unitario e dall’Ente Parco del Pollino è rimasto incagliato nelle maglie della burocrazia, la stessa che ha ingabbiato la maggior parte degli investimenti pubblici e privati del Paese. Nel mese prossimo sapremo dal Consiglio di Stato se ci sarà una decisione definitiva dell’iter autorizzativo o si dovrà ripartire da capo.
Per queste ragioni, dobbiamo avere una visione di campo e di azione fuori da schemi localistici che ci faccia scrutare nuovi metodi di lavoro in grado di tradurre in risultati per il territorio e la nostra rappresentanza l’azione di elaborazione programmatica messa in atto, rendendo la nostra una azione contestuale e distintiva della CGIL che il nostro territorio ha esercitato in questi anni, tra sindacato di programma e sindacato di azione o di lotta come preferisce qualcuno.
In questi quattro anno anni di azione sindacale all’interno della più grave crisi economica del Paese e nella nostra Regione siamo stati tutti in campo a difesa del territorio, dei lavoratori e dei cittadini a difesa del diritto alla salute.
Abbiamo denunciato politicamente e giuridicamente le storture di un piano di rientro dal debito sanitario proposta dai vari commissari alla salute che hanno penalizzato fortemente il nostro territorio producendo tagli lineari degli ospedali, dei posti letto, delle prestazioni sanitarie, pregiudicando i livelli essenziali di assistenza e la continuità assistenziale.
Molte strutture sono fatiscenti, si bloccano le forniture dei presidi ordinari, dei farmaci ed alcune di esse versano in uno stato di degrado e di abbandono. La decadenza strutturale viene parzialmente compensata dall’abnegazione e dalla passione con cui operano i lavoratori del settore del comparto medico, infermieristico ed ausiliario che in molti casi diventano temerari nell’azione quotidiana e che rischiano in prima persona per via di orari di lavoro e turni insostenibili.
Chi ha avuto la sfortuna di impattare con la realtà sanitaria territoriale conosce bene quali pericoli produce questo sistema per la salute e la vita dei cittadini. Per queste ragioni occorre mantenere alta l’azione vertenziale nel settore con vertenze confederali e categoriali a sostegno del diritto dei malati e degli operatori del settore.
Occorre da subito fare una ricognizione generale sullo stato dei bisogni a partire dal superamento del blocco delle assunzioni per le figure professionali necessarie per mettere in linea i livelli essenziali di assistenza, la continuità assistenziale e verificare il nuovo piano operativo regionale.
Occorre un piano socio-sanitario per promuovere la medicina di territorio, ripristinare la rete di emergenza-urgenza, le case della salute e recuperare un gap di competitività delle nostre strutture con quelle delle regioni limitrofe che incentivano la migrazione sanitaria anche a causa di liste di attesa insostenibili.
Il sistema sanitario calabrese è diventato un centro di potere delle clientele e del malaffare e le recenti indagini aperte a Cosenza dalla magistratura e dalla Dda confermano quanto la politica e la criminalità organizzata siano infiltrate ed invasive nel sistema sanitario provinciale, nella Asp Cosentina e nelle strutture ospedaliere del tirreno cosentino.
Per queste ragioni tempo fa decidemmo di abbandonare in forma eclatante il tavolo di discussione presso l’Asp di Cosenza sull’atto aziendale che favoriva la sanità privata del Tirreno cosentino e tagliava i posti letto nel sistema sanitario pubblico denunciando presso la procura della Repubblica di Rossano lo scempio sanitario che si stava determinando nel territorio della Sibaritide. Il qua- dro che emerge a Cosenza dalle recenti indagini ed intercettazioni telefoniche che vedono coinvolti il sistema della politica e Parlamentari con incarichi di Governo non possono lasciarci indifferenti. L’Asp di Cosenza va immediatamente commissariata con figure autorevoli e di garanzia. Per queste ragioni non c’è più tempo da perdere ed è ora che il Governo nomini un nuovo commissario della sanità calabrese revocando Scopelliti da Commissario ad acta e tolga dalle mani della politica calabrese la salute dei cittadini.
Nelle diverse iniziative fatte sui temi della salute abbiamo più volte denunciato come Cgil e federazioni di categoria a tutti i livelli, quello che stava avvenendo nel sistema sanitario del Tirreno Cosentino, a Cetraro e lo abbiamo fatto pubblicamente attraverso i media, la stampa, dai palchi delle nostre mobilitazioni, nelle Prefetture e nelle diverse Procure, mettendoci la faccia e anticipan- do di qualche anno quello che la magistratura ha accertato ora. Non ci siamo fermati alla denuncia verbale.
Vorremmo provare in questo sesto congresso territoriale a promuovere una proposta da lanciare al territorio utilizzando uno spazio di discussione partecipata e costruttiva con tutto il partenariato economico- sociale, istituzionale, ai Sindaci ed alla politica. Vorremmo innanzitutto proporlo agli amici e compagni di Cisl e Uil.
L’idea è di arrivare, a distanza di cinque anni dall’inizio crisi che ha segnato pesantemente la nostra regione ed il territorio ad una CONFERENZA DI PROGRAMMA TERRITORIALE, per promuovere degli interventi, delle priorità, delle azioni per un piano strategico di uscita dalla crisi, concreto, e non il solito libro dei sogni dove si scrive tutto per non fare niente.
E per farlo occorre utilizzare tutte le risorse migliori e sane del territorio senza guardare ai colori o alle bandiere, agli schemi partitici o politici. Una conferenza che porti nell’immediato ad un Piano territoriale per il lavoro che abbia un sostegno economico finanziario ma che abbia anche uno spazio istituzionale di discussione, atteso che la Commissione tripartita provinciale che avrebbe dovuto avere il compito di promuovere politiche attive per il lavoro non è più costituita da quattro anni, benché più volte da noi sollecitata, per una precisa scelta politica dell’Amministrazione provinciale che più volte abbiamo pubblicamente stigmatizzato. Ancora una volta, da questo Congresso, invitiamo il Presidente della Provincia di Cosenza a costituirla nell’immediato.
Per queste ragioni diventa fondamentale una ricognizione dei capitoli della spesa per gli investimenti pubblici e privati. Alcuni derivanti dalla passata programmazione comunitaria, ed altri, circa 3 miliardi previsti dalla nuova ripartizione della programmazione POR 2014-2020, ma chiamando alle responsabilità tutti i gestori delle reti pubbliche (Trenitalia, Enel, Telecom, Eni, ed altri), la regione Calabria ed in attesa della riforma istituzionale, la Provincia.
Su questi capitoli nei prossimi mesi attiveremo forme di partenariato per seminari di studio specifici per la conoscenza e formazione dei nostri quadri sulla spesa comunitaria. Abbiamo tutti noi la necessità di conoscere bene le linee guida e gli assi di gestione della spesa per attivare una utile contrattazione regionale, provinciale e territoriale qualora dovessero attivarsi i comitati per la pro- grammazione e di controllo.
Autorevoli economisti sostengono che questo sia l’ultimo treno per il mezzogiorno, quello deci- sivo. Riteniamo pertanto che occorre una nuova visione della programmazione. Le ultime due programmazioni si sono svolte negli ambiti regionali con due tipi di intervento. Il programma 2000-2006 presentato dalla Giunta regionale di centrosinistra prevedeva dei Piani integrati territoriali (PIT) con ambiti di bacino territoriali provinciali più estesi e coordinati dalle Province.
Il programma 2007-2013 presentato dalla giunta regionale di centrodestra prevedeva i piani integrati di sviluppo locali (PISL), senza il coinvolgimento nemmeno in forma consultiva del partenaria- to economico e sociale, con oltre 60 ambiti a livello regionale, parcellizzati e dispersivi.
Entrambe le due programmazioni hanno prodotto ritardi nella spesa, non creando alcuna ipotesi di sviluppo o creazione di posti di lavoro stabili e duraturi. Ecco perché diventa importante cambiare registro ed individuare tra le nuove linee guida appena uscite, nuove forme di progettazione per evitare di perdere questa ultima grande occasione.
Per queste ragioni e leggendo tra le linee guida, che sono compatibili e complementari con la proposta della Cgil di piano per il lavoro, si devono individuare idee di spesa che possano produrre da subito sviluppo e lavoro. Un lavoro che deve trovare nelle forme del collocamento pubblico una risposta immediata. Una proposta su poche ma efficaci azioni prioritarie che vanno coordinate da un lavoro sinergico dell’azione confederale e categoriale del sindacato.
Una prima azione deve prevedere l’impegno per l’attuazione di politiche adeguate per la prevenzione, la difesa e messa in sicurezza dell’intero territorio dal rischio idrogeologico e conseguentemente al rilancio della economia interna, per comprimere l’effetto spopolamento delle aree interne. La difesa del territorio deve partire dalla tutela dei beni comuni, come l’acqua pubblica, il patrimonio ambientale e la salute dei cittadini.
In questi giorni le nostre Città sono invase da cumuli di rifiuti. Quello dello smaltimento dei rifiuti è diventata una emergenza che va affrontata nell’immediato con un piano strategico legato al ciclo integrato. Il settore è a forte rischio di infiltrazioni criminali per cui occorre evitare l’utilizzo di discariche private. La gestione della Giunta regionale e del Commissario all’emergenza è stata fallimentare e dannosa.
Riteniamo positivo il lavoro fatto dalla provincia di Cosenza nella elaborazione del piano provinciale sui rifiuti che propone di puntare sulla raccolta differenziata porta a porta, sul recupero, riciclo e riutilizzo con la creazione di isole ecologiche di compostaggio. Sarebbe la soluzione ideale. Un po’ come l’utilizzo delle fonti energetiche rinnovabili.
Ma la domanda che ci poniamo è questa: la nostra classe dirigente è matura per attuare un piano così ambizioso atto soddisfare il fabbisogno dei cittadini ed essere autosufficiente a breve termine, vivendo il territorio in costante emergenza igienico-sanitaria? Oppure la litigiosità delle istituzioni calabresi a partire dalla Giunta regionale Calabrese che non ha alcuna programmazione se non quella di far diventare la provincia di Cosenza una grande discarica , determina scelte insensate e che respingiamo, come quella proposta nel caso della discarica in Cda Bucita a Rossano che attraverso un bando sui rifiuti della Giunta regionale , dovrebbe servire come centro di stoccaggio utiliz- zando il porto di Corigliano, che contiene la più grande flotta peschereccia calabrese, come struttura di raccolta di ecoballe e smistamento di 780 tonnellate dei rifiuti al giorno. Una ipotesi assurda che va respinta anche con la mobilitazione del territorio. Unitamente ai comitati che in questo momento ci vedono impegnati contro tale proposta, chiediamo l’immediata revoca del bando regionale.
E’ evidente che il problema dei rifiuti in Calabria va risolto nell’immediato incentivando soluzioni verso la raccolta differenziata, ma superando anche barriere ideologiche, per produrre soluzioni praticabili e superare l’emergenza anche con l’utilizzo di impianti a tecnologia avanzata, sostenibili per il territorio e l’ambiente, verificando la compatibilità e sostenibilità ambientale e della salute in caso di progetti di riconversione di quelli esistenti.
Una Seconda azione che ci deve vedere impegnati è quella di difendere e rilanciare il sistema rurale, quello agroalimentare, la montagna e le aree interne.
Il nuovo PSR occuperà in Calabria più di un terzo delle risorse comunitarie, oltre un miliardo di euro (1.120 mln). Il territorio deve trovarsi pronto ed uniformare gli interventi in tutta l’area che include i distretti rurali e il DAQ ( distretto agroalimentare di qualità) attivando nuove forme di pro- grammazione attraverso la spesa delle politiche agricole comunitarie (PAC) che occupa il 40% del bilancio UE, puntando sul sistema della produzione e della trasformazione, sulle tecnologie, sull’adeguamento di macchinari ed impianti moderni, sulla logistica ed i trasporti puntando sull’area portuale, privilegiando il sistema cooperativo e di rete del comparto agricolo territoriale, a partire dalle aree di montagna, dal Parco Nazionale del Pollino e quello della Sila.
C’è troppa discrasia nell’azione della piccola e media impresa agricola nell’uniformare gli interventi e le tutele dei produttori e dei lavoratori. Per cui assistiamo ad una dualità tra l’azione concertativa che ha prodotto buoni modelli di impresa e di tutela del lavoro nell’area del distretto agroalimentare di qualità (DAQ) della Piana di Cammarata e dell’alto Jonio e quella priva delle relazioni sociali che invece è praticata nell’area urbana di Corigliano e Rossano e nella piana di Sibari, dove il ricorso al lavoro irregolare e l’abuso di forme di sfruttamento dei lavoratori migranti è diventato un fenomeno gestito dalla criminalità organizzata, attraverso cooperative senza terra formate da prestanome e caporali senza scrupoli.
Il Distretto agroalimentare se non diventa incubatore di legalità e di servizi per imprese e i lavoratori ha fallito nella sua missione naturale. Per queste ragioni come sindacato vorremmo promuovere interventi mirati per incentivare il collocamento pubblico in agricoltura e riportare alla legalità il lavoro stagionale del comparto. Ciò potrebbe far riemergere economie, evasione fiscale e contributiva e qualche migliaia di posti di lavoro oggi alla mercè di caporali senza scrupoli o di cooperative senza terra che in alcuni casi mettono sotto i piedi la dignità del lavoro e dei lavoratori. In assenza di un piano per il recupero dei ritardi nelle relazioni sociali nella sibaritide è opportuna una verifica, a tutela dei diritti dei lavoratori e delle Imprese sane una indagine delle sezioni ispettive provinciali di tutte le aziende del comparto, a partire da quelle aderenti al DAQ.
Si potrebbe pensare a forme di contratti di distretto, con formule di emersione attraverso accordi bilaterali tra le parti sociali che prevedono percorsi formativi, politiche di accoglienza dei lavoratori migranti e politiche della casa. Per fare questo occorre una inversione culturale della governance del distretto che non ha saputo fino ad oggi cogliere tutte le opportunità di espansione ma si è limitato ad una politica localistica a difesa del singolo comparto e della singola produzione.
Proponiamo di attivare da subito due cabine di regia, una attraverso il parco Nazionale del Pol- lino e l’altra attraverso il DAQ (distretto agroalimentare) per aprire una stagione di concertazione del partenariato economico-sociale mirata agli interventi.
Le amministrazioni locali, i comuni dovranno fare molta attenzione nel redigere i piani strutturali disciplinati dalla legge urbanistica regionale, nel tenere conto della sostenibilità degli interventi, perché è da questi che si definiscono le scelte per il futuro di un territorio che non può fare a meno di conservare e recuperare i centri storici che sono veri e propri patrimoni culturali, di storia, tradizio- ne e di identità. Proponiamo a livello territoriale una conferenza aperta alle amministrazioni locali per azioni mirate alla difesa del territorio e sviluppo delle aree interne per arginare il fenomeno dello spopolamento.
A questo proposito è importante declinare il progetto nazionale sulle aree interne proposte dal Dipartimento dello sviluppo economico. Mauro Agnoletti, professore associato presso il Dipartimento di Gestione dei Sistemi Agricoli Alimentari e Forestali dell’Università di Firenze a proposito delle aree interne rileva che…” nell’ultimo secolo è l’abbandono delle aree agricole il fenomeno più rilevante, pari a circa 100.000 ha(ettari) all’anno, a cui segue la forestazione post abbandono…. è necessario operare una revisione critica del modello di sviluppo, prendendo atto che i sistemi agroforestali costituiscono parte fondamentale di quel “capitale” su cui si fondano le possibilità di sviluppo economico e di conservazione ambientale, ma sono indissolubilmente legati all’opera dell’uomo. … sviluppare una pianificazione che punti a realizzare una efficace integrazione dei processi sociali, economici ed ambientali, riducendo la polarizzazione fra sistemi produttivi e siste- mi naturali, fra società urbana e società rurale”.
Una delle tre opzioni strategiche d’intervento per la programmazione 2014-2020, è proprio quella che riguarda le politiche di coesione e nuova programmazione regionale sulle aree interne. Concordiamo con le proposte che le federazioni di categoria stanno facendo in questi giorni sulla necessità di una conferenza regionale sul ruolo della forestazione alla luce anche delle recenti riforme del comparto.
Terza azione è puntare sul sistema infrastrutturale e sulla logistica alla luce delle opportunità che una nuova stagione di investimenti pubblici sta per avviarsi nel nostro territorio. Sono due i miliardi di investimenti in opere pubbliche nel territorio. In previsione si ipotizzano oltre 2500 posti di lavoro nel settore delle costruzioni. Nei prossimi mesi si apriranno i cantieri dei macrolotti della Sa-Rc, della SS106, della ss534, l’ospedale della Sibaritide (per il quale occorre delle opere accessorie e di prossimità).
Occorre da subito monitorare il bacino delle qualifiche disponibili ed attivare processi formativi
perché i lavoratori edili, disoccupati e in mobilità in deroga, possano trovare accesso nei cantieri attraverso forme di collocamento pubblico.
Proponiamo che per tutti gli appalti sopracitati vengano predisposti specifici protocolli di legalità e monitorati dal Comitato per l’alta sorveglianza sulle opere pubbliche coordinata dal Ministero dell’Interno (CASSGO) contro il rischio di infiltrazioni criminali negli appalti pubblici, attraverso tavoli di monitoraggio specifici per ogni opera.
Un capitolo specifico merita il sistema della logistica e dei trasporti. Il nostro territorio come del resto tutta la Calabria è stato penalizzato da una politica di mancati investimenti sul trasporto pubblico, in modo particolare del trasporto su rotaia. L’alta velocità di fatto si è fermata a Salerno impedendo di fatto il completamento del Corridoio Berlino-Palermo.
L’altra dorsale della Calabria riferita alla area jonica ancora non elettrificata è stata oggetto di tagli selvaggi da parte di Trenitalia con la soppressione di intere linee storiche come la Milano-Crotone. Occorre immediatamente che la nostra Regione superi questo gap nei collegamenti con un piano di investimenti specifici per completare la dorsale tirrenica fino Reggio Calabria e che colleghi nuovamente la dorsale Jonica che da Bari si ferma a Metaponto, isolando l’intera Sibaritide-Pollino. Allo stesso modo, occorre che la regione Calabria si doti di un piano regionale dei trasporti che metta in rete l’intera regione e lo faccia puntando fortemente sulla logistica, rilanciando il trasporto pubblico locale che è assolutamente inadeguato a garantire il collegamento con le aree interne e con tariffe sostenibili.
Il prezzo del trasporto pubblico e delle autolinee è diventato insostenibile per le famiglie calabresi e non garantisce il diritto alla mobilità, il diritto allo studio, favorendo la dispersione scolastica. Gli ultimi rapporti Svimez ci indicano quanto potrebbe essere importante per l’economia Calabrese puntare su un sistema intermodale di trasporto anche delle vie del mare e negli Hub strategici inse- risce anche il porto di Corigliano che fino ad oggi è stato sottovalutato e addirittura non conosciuto dalla stessa classe politica regionale.
Quarta azione è puntare decisamente sulla qualità e la valorizzazione del patrimonio ambientale a partire dal Parco Nazionale del Pollino nel tentativo di riaprire il tavolo ottenuto dalla Cgil dopo la calamità naturale e l’evento sismico presso il Ministero dell’ambiente per rilanciare lo sviluppo locale.
E’ necessario recuperare il Gap ed il deficit progettuale con una azione sinergica del partenariato alla luce degli investimenti previsti dalle risorse comunitarie e dai proventi dell’accordo di compensazione ambientale raggiunto con Enel e con i Comuni. Occorre contestualmente aprire un confronto per un piano di bonifiche del territorio a partire dalle ferriti di zinco ancora presenti a Cassano e nella piana di Cerchiara e del sito Marlane di Praia a Mare chiedendo all’istituto superiore della sanità di attivare indagini geologiche ed epidemiologiche per la tutela dell’ambiente e la della salute dei cittadini.
Il territorio ha diritto di sapere se anche in Calabria non sia successo ciò che è avvenuto nella terra dei fuochi. Nell’area tirrenica cosentina, incontrando le associazioni ambientali a Praia a Mare abbiamo lanciato l’idea di partire proprio dalla bonifica del sito della Marlane Marzotto per promuovere un progetto di rilancio per sviluppo turistico del territorio.
Una grande occasione è rappresentata dal sito archeologico di Sibari. Quando ci fu l’allagamento degli scavi nel gennaio dello scorso anno, su nostra richiesta la Cgil nazionale lanciò in piena conferenza di programma l’appello per il suo salvataggio al Governo.
L’allora Ministro ai beni culturali Fabrizio Barca recepì subito la richiesta ed avviò un lavoro di
programmazione e di investimenti pari a 20 milioni di euro all’interno del piano di coesione e dei grandi attrattori culturali per la messa in sicurezza ed il rilancio del sito. In questi giorni si stanno avviando le procedure di affidamento dei primi lavori per la messa in sicurezza.
Ma occorre che il sito archeologico ed il museo diventino percettibili ed usufruibili come vettore di promozione turistica principale del sistema territoriale. Per fare ciò occorre però ripartire da una nuova campagna di scavi per riportare alla luce quello che ancora non si è visto ed utilizzare le opportunità derivanti dai fondi per la coesione previsto nel progetto Barca. Proponiamo di riprendere un confronto con il Ministero, la Regione Calabria, l’università e la sopraintendenza per una nuova progettualità per la ripresa degli scavi, riattivando un nuovo accordo di programma quadro per gli interventi e per la formazione di figure professionali ed altre da recuperare nel bacino del precariato.
Una Quinta azione per contenere i costi della crisi sui lavoratori e le famiglie è quella determinata dall’impegno che il sindacato unitario deve promuovere per la contrattazione sociale, per cercare di tutelare il reddito dei lavoratori, dei pensionati e delle famiglie da una povertà crescente, attivando azioni anche in difesa del diritto alla salute ed il welfare locale.
Le decisioni assunte dai diversi governi di tagliare la spesa del welfare locale ai Comuni ci pone di fronte ad un impegno maggiore nella contrattazione territoriale. E’ necessario impegnare tutta l’organizzazione, le federazioni di categoria e le Camere del lavoro a tutti i livelli per aprire dei confronti di metodo e di merito per la discussione preventiva dei bilanci locali presso tutti i Comuni del territorio, per incidere sulle politiche delle tariffe e dei tributi locali, sulle tariffe del trasporto pubblico ed allo stesso modo ricercare un confronto serrato con l’Asp per la situazione della sanità territoriale.
E’ necessario aprire una vertenza confederale e categoriale regionale sul piano sanitario operativo per rivedere le scelte del Commissario regionale ad acta (Scopelliti) che hanno smantellato il sistema della salute pubblica, chiuso ospedali , incentivato la migrazione sanitaria verso altre regio- ni del paese ed imponendo alla Calabria le addizionali IRPEF ed IRAP più alte d’Italia a copertura del debito.
Occorre utilizzare tutte le opportunità che mette a disposizione il fondo sociale europeo e promuovere i piani di azione e coesione, così come è stato fatto nelle misure per la non autosufficienza dei minori.
Una Sesta azione deve prevedere l’impegno della nostra organizzazione a difendere il lavoro già esistente sul territorio per evitare lo smantellamento di interi insediamenti industriali, produttivi e del comparto servizi, nelle produzioni ed evitare la desertificazione industriale e sociale in un territorio che negli anni ha fatto leva nel comparto tessile della piana di Cammarata e del Tirreno cosen- tino, nel cementificio di Castrovillari, nella centrale Enel di Rossano ed Edison di Altomonte, nelle fornaci ed altri impianti fissi e degli impianti ad energie rinnovabili. Un tessuto industriale depaupe- rato nel tempo e che ha lasciato migliaia di lavoratori con gli ammortizzatori sociali in deroga che sono diventati le uniche fonti di sostentamento al reddito e che andrebbero assolutamente riformati e parametrati agli standard degli altri Paese dell’area Euro.
In questi mesi abbiamo tentato di attivare forme di politiche attive del lavoro con accordi regionali cercando una prima via di uscita ad un processo assistenziale che va avanti da oltre venti anni. Lì dove è stato possibile abbiamo sottoscritto accordi per la ripresa di impianti industriali sostenibili.
Un caso emblematico è la vicenda della centrale rinnovabile Enel a biomasse della valle del Mercure di Laino Castello. Dopo circa 30 anni, con un grande impegno unitario, come sindacato abbiamo riaperto la vertenza portandola sul tavolo del Governo centrale. E dopo mesi di trattative presso il Ministero dello Sviluppo Economico abbiamo sottoscritto un accordo di compensazione storico con i Sindaci, Enel, il Parco Nazionale del Pollino. Un accordo fatto con coraggio ed alla luce del sole che prevede circa 20 milioni di euro di investimenti diretti da parte di Enel verso il territorio oltre la spesa per l’investimento complessivo , al netto delle ricadute economiche e per il lavoro che produrrà l’indotto nel sistema economico territoriale.
Un accordo che prevede ovviamente delle rigide prescrizioni richieste dal sindacato unitario a tutela dell’ambiente e della salute dei cittadini. Ma come spesso accade in questa terra di Calabria bastano due ricorsi fotocopia al Tar per bloccare un investimento di decine di milioni di Euro e mandare a casa 150 lavoratori con le loro famiglie per vizi procedurali. La maggior parte degli investimenti in opere pubbliche o private dell’Italia sono incagliate ed ostacolate nelle varie reti della burocrazia, dei diversi Tar e Consiglio di Stato.
Per queste ragioni riteniamo necessario un veloce processo di riforma della giustizia amministrativa. Sulla vicenda specifica, auspichiamo la sentenza risolutiva del consiglio di Stato. Viceversa chiediamo al Consiglio dei Ministri di esercitare i poteri sostitutivi per evitare la definitiva chiusura dell’impianto.
Una riflessione va fatta sul ruolo delle Aree industriali presenti sul territorio sempre più depauperate e desertificate. Un impegno specifico che la confederazione dovrà attivare nei prossimi giorni è il sostegno della vertenza dei lavoratori del comparto dei servizi di pulimento nelle scuole, nel momento in cui il nuove governo a guida Renzi pare voglia proporre un piano nazionale per l’edilizia scolastica per l’adeguamento e la manutenzione delle scuole.
La settima azione deve promuovere e valorizzare i sistemi delle aree urbane Rossano-Corigliano e Cassano-Castrovillari e le dorsali costiere, Jonica e Tirrenica. Siamo stati i promotori dell’accordo di programma dell’area urbana Corigliano- Rossano che venne sottoscritto nell’anno 2009. Un accordo sottoscritto tra le due amministrazioni comunali e la Provincia. Purtroppo, così come avvenuto per altri accordi, non sono state previste le copertura economiche e di spesa per rendere esigibile e d attuabile quanto sottoscritto. Anzi, di contro, gli investimenti che gli enti sottoscrittori hanno fatto negli ultimi anni, in primis la Provincia di Cosenza, sono stati dirottati in altre realtà territoriali ed in opere meno strategiche, con una dispersione del denaro pubblico che se investito nei sistemi urbani, avrebbe potuto dare gambe ad un sistema economico provinciale più virtuoso per lo sviluppo di tutta la provincia. Negli ultimi mesi e come già specificato occorre cogliere le oppor- tunità derivanti dalla zona franca urbana Corigliano-Rossano per rimettere in circolo l’economia territoriale e puntare sul turismo di qualità utilizzando i tre promotori dello sviluppo come vettori per il rilancio dell’offerta turistica. Il mare, il Parco Nazionale del Pollino e l’area archeologica di Sibari. Riteniamo sia necessario puntare sul collegamento veloce delle aree urbane e delle coste rilanciando il sistema del trasporto pubblico su gomma ma anche su rotaia pensando di utilizzare le linee ferroviarie joniche e tirreniche anche con metropolitane di superficie, riaprendo perché no, le stazioni in disuso come centri di orientamento e promozione turistica. Pensiamo sia necessaria una carta turistica Provinciale capace di mettere in rete tutto il patrimonio ambientale e culturale. Riteniamo che lo stesso porto di Corigliano possa avere una valenza strategica, di supporto alla filiera agroalimentare e a quella turistica.
Azione 8: legalità
La Cgil territoriale, di concerto con quella nazionale e regionale ha esercitato azioni sinergiche nella costante ed impegnativa azione di contrasto contro la criminalità. Abbiamo sempre pensato che
il territorio deve essere reso agibile e libero nel governo del suo tessuto democratico. Il rapporto della commissione contro la ndrangheta è inquietante. Molte amministrazioni comunali non sono solo infiltrate dalla criminalità, ma alcune di esse come nel caso del comune di Scalea vengono gestite direttamente dai cartelli e dai clan criminali. Riteniamo che anche le politiche commissariali e sub commissariali determinate dal numero crescente di amministrazioni sciolte per mafia siano state sin qui poco efficaci nella gestione degli Enti. Occorrono a mio avviso, delle misure e legislazioni specifiche atte a garantire dei supporti alle Prefetture, all’area investigativa ed alla Magistratura per la bonifica concreta degli enti sciolti per mafia.
Abbiamo sempre ritenuto che legalità ed il Lavoro siano lo scudo e le infrastrutture propedeutiche per la crescita sociale e lo sviluppo del territorio: in questi ultimi quattro anni, ci siamo interrogati come attivare da subito nuove pratiche per dare un segnale forte di lotta al malaffare ed alla criminalità.
Era necessario però, che alle parole seguissero fatti ed atti concreti. Da qui le ragioni delle nostra costituzione di parte civile nel processo antimafia denominato Santa Tecla che aveva determi- nato lo scioglimento per infiltrazioni mafiose del Consiglio comunale di Corigliano Calabro, producendo un sistema illegale che pregiudicava il libero mercato del lavoro per lavoratori e le imprese.
Insieme alle strutture nazionali e regionali ci siamo costituiti parte civile nel processo contro la Marlane Marzotto di Praia a Mare presso il Tribunale di Paola che è ancora in corso. Un investimento quello della Marlane che abbiamo definito ad “alto rischio morale”, una tragedia della storia dell’industria italiana che auspichiamo non impatti nel rischio concreto della prescrizione ed arrivi a sentenza, per accertare responsabilità di ciò che è avvenuto all’interno di quello stabilimento e nel territorio in tema di inquinamento ambientale.
Lo dobbiamo alle vittime, ai loro familiari ed ai cittadini di quell’area. Per queste ragioni abbiamo pensato di svolgere il prossimo 1 maggio a Praia Mare e tenere una iniziativa pubblica. In entrambi i processi siamo stati ammessi al ricorso e nel caso del procedimento Santa Tecla per la prima volta nel Paese, un sindacato, La Cgil, è stato ammesso come parte civile ad un processo con- tro la ndrangheta con accoglimento totale delle tesi e dei ricorsi. E’ stato per noi motivo di orgoglio e grande soddisfazione.
In questi anni sul terreno della legalità abbiamo svolto diverse iniziative pubbliche come quella sulla salute a Cetraro un’anno fa, quella per promuovere la legge sul caporalato a Cassano, siamo stati a Scalea non appena scoppiata l’indagine PLINIUS e recandoci in Prefettura a tutela dei lavoratori vessati ne abbiamo chiesto l’immediato commissariamento. In proposito, condividiamo e saremo presenti all’iniziativa promossa dal Partito democratico Calabrese per giorno 20 marzo a Scalea contro la ndrangheta e per l’affermazione della legalità.
Abbiamo promosso progetti itineranti e formativi su legalità, costituzione, resistenza, nelle scuole del territorio e da ultimo, dopo i tragici fatti di Cassano che hanno visto morire una donna ed un bimbo di tre anni, abbiamo organizzato con gli Istituti scolastici superiori di Cassano un dibattito sulla legalità con gli studenti ed il sostituto procuratore della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro Dott. Vincenzo Luberto.
Abbiamo difeso in questi anni i nostri delegati quando le imprese volevano liberarsene per elimi- nare il sindacato dai luoghi di lavoro chiedendo anche l’intervento diretto del Prefetto di Cosenza. Abbiamo denunciato caporali e sfruttatori alle forze dell’ordine e alla Direzione provinciale del lavoro, e nelle situazione più gravi e violente, abbiamo messo in protezione i lavoratori vessati e sfruttati a cui era stata privata la libertà e la dignità. La lotta contro la ndrangheta non può essere esercitata e vinta con azioni singole, ma occorre colpire come diceva il Procuratore Luberto nel dibattito di Cassano, gli interessi economici. Da qui il nostro impegno ad andare avanti e valorizzare la proposta di legge di iniziativa popolare della Cgil Nazionale sui beni confiscati per riattivare il lavoro.
A questo proposito proponiamo alle amministrazioni locali, ai Sindaci interessati, di chiedere insieme l’apertura di un tavolo con la Prefettura di Cosenza per una ricognizione dei beni confiscati, per destinarli ad un riutilizzo di carattere sociale, che possa produrre forme cooperative da assegnare ai giovani, ai migranti, per riattivare e creare lavoro, nell’ambito dei servizi e della cooperazione. Un progetto che possa liberare le terre dalla ndrangheta e le braccia di centinaia di lavoratori immigrati, sfruttati e vessati. Un progetto che vorremmo denominare “libere braccia in libera terra”.
Da ultimo, in tema di legalità e giustizia, non possiamo non soffermarci su quello che sta avvenendo nei Tribunali di Castrovillari e di Rossano dopo la riforma che ha previsto gli accorpamenti. Come temevamo e dopo averlo più volte denunciato, la riforma che è stata fatta in termini ragioneristici sta provocando la paralisi di entrambi i Tribunali e quello di Castrovillari che è sempre stato al di sopra degli standard di efficienza si trova oggi in una situazione di grave difficoltà gestionale determinata da una mole di lavoro eccessiva per come anche denunciato dall’ordine degli avvocati. A questo proposito per evitare la paralisi della giustizia dell’intero territorio chiediamo al Ministro della Giustizia di rivedere i provvedimenti ed apportare i decreti correttivi per riportare la gestione ante riforma con il ripristino del Tribunale di Rossano.
Care compagne, cari compagni, amici e gentili ospiti, come dicevo in premessa, per tradurre le azioni in impegno abbiamo necessità di avviare un confronto unitario con Cisl e Uil e con tutto il sistema del partenariato economico- sociale territoriale, Provinciale e Regionale senza barriere ideologiche o politiche.
Preservando la nostra autonomia di sindacato generale, dobbiamo individuare un sistema di alleanze con coloro che sono interessati e condividono le nostre proposte nell’interesse collettivo e del bene comune. Per queste ragioni riteniamo utile già nei prossimi mesi si possa promuovere unitariamente con CISL e UIL nel nostro territorio una CONFERENZA PROGRAMMATICA TERRITORIALE PER LO SVILUPPO ED IL LAVORO per definire un comune impegno ed imboccare nuove strategie di uscita dalla crisi.
Noi metteremo in campo le nostre azioni ed il nostro lavoro, ma saremo attenti ascoltatori delle proposte di tutti.
Care compagne e Compagni, i nostri lavoratori ci chiedono un’azione più forte e decisa che dia risposte ai loro bisogni. In questi lunghi anni siamo stati in prima linea nelle tante manifestazioni nazionali, regionali e territoriali, su tantissime vertenze, un lavoro faticoso ma che ci ha permesso di ospitare nel nostro territorio lo svolgimento del congresso regionale della Cgil, ad Altomonte il giorno 20 e 21 Marzo. Ringraziamo per questo la Cgil Calabria.
Consentitemi di lanciare un messaggio di vicinanza ai tantissimi lavoratori in difficoltà e per tutti, in modo particolare a quelli del pulimento scolastico che vivono in questi giorni momenti difficili e che conosco uno ad uno. Dobbiamo sostenere la loro lotta e se necessario fare quello che abbiamo fatto per gli Lsu e Lpu, quando abbiamo deciso di attivare in tutta la regione iniziative eclatanti, su strade statali, autostrade, negli aeroporti, conquistandoci il tavolo a Palazzo Chigi con il Governo al quale abbiamo partecipato come territorio ed ottenuti risultati significativi.
Care Compagne, cari compagni, vi ringrazio tutti,
ringrazio la Cgil che mi ha accolto tanti anni fa da giovane emigrante di ritorno e mi ha dato tanto. Personalmente ho sempre cercato di dare tutto quello che avevo e potevo, con impegno e passione, cercando di mantenere sempre alti i valori del nostro essere sindacato, muovendomi all’in- terno delle regole della nostra Organizzazione e nel rispetto delle sensibilità di tutti. Ringrazio Voi tutti che mi avete dato il privilegio di diventare Segretario generale del più grande Comprensorio Calabrese. In questi anni abbiamo vissuto momenti difficili, anche di aspro confronto politico e dialettico, ma siamo riusciti a superarli insieme con grande senso di responsabilità, nell’interesse della nostra rappresentanza e soprattutto non abbiamo mai abbandonato la nave quando fuori c’era vento di tempesta.
Vorrei ringraziarVi tutti, uno ad uno, in modo particolare coloro che nei momenti di maggiore sconforto da sempre mi sono stati vicino, i Compagni della Segreteria, i Segretari delle categorie, i Compagni del sistema dei servizi dell’Inca e del Caaf, le Leghe Spi, i Volontari dell’Auser, del Sunia, dell’Alpa, i Delegati, i tanti Lavoratori e Pensionati, i Militanti. Per Tutti voi, vorrei ringraziare e ricordare il Compagno Ernesto Ripoli per le parole fraterne ed affettuose, i consigli che ha sempre saputo darmi con equilibrio nei momenti difficili e tutti quei Compagni che non sono più tra noi. Quello che abbiamo fatto ieri insieme lo abbiamo ripercorso in parte nelle immagini iniziali, in parte nella mia relazione. Quello che faremo domani sta a noi. Di sicuro è certo che lo faremo insieme ed uniti, da qualunque postazione.
Avremmo modo da qui alla prossima conferenza di organizzazione che si terrà il prossimo anno, di adeguare e rinnovare le nostre strutture, le nostre Camere del lavoro, il nostro sistema dei servizi a quelli che sono i bisogni crescenti della nostra rappresentanza che diventa sempre più ampia.
Staremo sempre dalla parte della sofferenza sociale, dei più deboli, degli ultimi. È questo il nostro compito, è questo il nostro dovere. E lo faremo giorno dopo giorno, guardando al futuro, nel rispetto dei valori storici, etici e morali della nostra tradizione e fedeli ai valori della nostra militanza.
Vi ringrazio di cuore e Vi auguro un buon lavoro.
Angelo Sposato